Dopo una lunga attesa, durata ben 6 anni, il capitolo di The Legend of Zelda più fatidico di tutti i tempi è arrivato! Rilasciato in contemporanea sui sistemi Nintendo Switch e Wii U. Siamo un po’ in ritardo, ma questo ci ha anche permesso di analizzare e sviscerare il gioco a dovere. Noi di Gamescollection.it, recensiamo la versione della console ormai in pensione e per la quale il gioco soffre anche di magagne tecniche non indifferenti, non permettendo al nuovo Zelda di brillare ai livelli supremi del suo splendore. Tuttavia, non sarà questo ciò che rovinerà l’esperienza di un’opera che con coraggio osa, rischia e setta nuovi standard nel genere degli action adventure e negli open world; un po’ come ai tempi del pluripremiato Ocarina of Time; stravolgendo e cambiando quasi tutte le carte in tavola, ma tornando nell’essenza e nello stile al concept originario, introdotto col primo ed entusiasmante episodio, uscito nel 1986 per Famicom Disk System.
The Legend of Zelda: Breath of the Wild è il risultato di anni di sacrificio (e di rinvii…), di determinante audacia, poiché il team di sviluppo ha finalmente voluto dare una svolta definitiva al brand (ci avevano provato già con Skyward Sword), cercando di non farlo viaggiare più all’ombra DEL Capolavoro per antonomasia, uscito nel 1998 per Nintendo 64. Ciononostante, le novità introdotte son molteplici, così come i numerosi cambiamenti rispetto al passato e, pertanto, da quel che si è potuto anche intravedere tramite il web, non è riuscito a conquistare appieno i fan più nostalgici della saga, i quali lamentano con costanza certe mancanze tipiche e caratteristiche di Zelda. Eppur bisognerebbe invece accettare l’innovazione e far tesoro di quello che il gioco offre e non di quel che più non è (anche perché Zelda si è sempre rinnovato, dopotutto)… Ed oggi, siam qui proprio per analizzare ed approfondire un prodotto che insegna nuove basi del game design, ricordandoci che Nintendo – quando vuole – sa essere maestra indiscussa in questo!
Il respiro della brezza selvaggia
Il magnifico, immenso e struggente mondo di Breath of the Wild, contraddistinto dalla desolazione e dalla corruzione della grande Calamità Ganon, è uno dei mondi più poetici e belli che il videoludo abbia mai offerto. Pur soffrendo dei limiti tecnici di Wii U, riesce ugualmente a proporre con eleganza scorci meravigliosi e paesaggi lussureggianti, passando per montagne innevate, grandi canyon, fino ad arrivare a foreste selvagge, umide paludi, un arido deserto e molto, ma molto altro ancora. La varietà offerta dalle ambientazioni ha dell’incredibile, grazie ad una direzione artistica notevole, in cui l’overworld ricreato è assolutamente minuzioso e certosino in ogni sua piccolezza; la natura è protagonista assoluta e nessun dettaglio è lasciato al caso. Potrà esserci un pop up degli elementi su schermo abbastanza fastidioso e sostanzioso, alcune zone leggermente abusate da antialiasing, delle texture per nulla soddisfacenti… eppure, la capacità di Nintendo di far passare quelli che non sono piccoli problemi, così in secondo piano, è qualcosa di assurdo ed al quale va fatto un meritato plauso! C’è da restare ammaliati ed affascinati da cotanta bellezza, che sa lasciare a bocca aperta, facendo chiudere un occhio sugli svariati difetti. Oltre alla meraviglia di un mondo di gioco che risulterà vivo più che mai, ritroveremo effetti di luce e di illuminazione straordinari, tramonti che toccheranno le vette più alte della poesia, fenomeni ambientali di ogni tipo come tempeste di sabbia, laghi creati dalla pioggia (riassorbiti pian piano dal terreno una volta che sorge il sole), fulmini che possono incendiare l’erba o abbattere qualche albero, fitta nebbia e così via. Il tutto, condito e reso meraviglioso anche grazie ad una fisica che riesce a rendere ciò che ci circonda molto realistico ed avvincente, spingendo il giocatore a studiare l’ambiente circostante per trovare le svariate soluzioni alle situazioni di gioco offerte. Certo, il livello di dettaglio in linea di massima non è altissimo, a causa dell’hardware che già di suo compie un mezzo miracolo a far girare tal meraviglia artistica e stilistica, quindi ci sarà qualche zona meno ricca rispetto ad altre, però il tutto è coerente, sapientemente riempito e gestito e nulla è mai lasciato al caso. Quello che apparentemente potrebbe sembrare un punto vuoto in realtà può comunque nascondere qualche segreto, un boss del luogo, un Korogu (di cui ne parleremo meglio dopo), un accampamento nemico o semplicemente frutta e materiali vari, utili per le varie attività di cui dispone Breath of the Wild.
Ma un mondo così bello cosa sarebbe senza Nutell… ehm, musica?! La colonna sonora del gioco è veramente stravolgente, d’impatto, immersiva, ammaliante! Si differenzia da ciò a cui la saga ci aveva abituati col maestro Koji Kondo (ricordando che a lui dobbiamo temi epici e memorabili che sono entrati nella mente e nel cuore di tutti noi, cresciuti con un pad alla mano). Allo spirito libero e selvaggio del gioco, non c’è nulla di più azzeccato della colonna sonora realizzata da Manaka Kataoka (non un volto nuovo per i fan di Animal Crossing). La scelta del nuovo compositore poteva fugare qualche dubbio, visto che vi sono tanti grandi nomi, tra tutti il buon Ryu Nagamatsu, autore di colonne sonore eccelse, una su tutte il suo lavoro per il recente A Link Between Worlds. Quindi, chi meglio di quest’ultimo e/o di altri compositori illustri potevano avere in affidamento il nuovo Zelda? Eppure, Nintendo ha voluto assegnare il compito ad un altro artista, per dare all’opera la marcia in più e la diversificazione adatta, cercata e richiesta… e Kataoka è riuscito perfettamente a rispettare l’incarico!
Si tratta di un lavoro eccelso e sublime, il suo; particolare in maniera sopraffina e di una varietà a dir poco impeccabile. Tuttavia, è una soundtrack che potrebbe non lasciare il segno a chiunque, specie se abituati allo stile classico, quello dove ogni luogo ha la sua traccia ed ogni punto è ricollocabile ad un tema in particolare. In Breath of the Wild, maggior spazio è dato al sound ambientale: sentire il soffio del vento, gli uccelli che svolazzano, il rumore dei passi sull’erba o su qualsiasi tipo di superficie, lo stridio dei gabbiani, le fiamme che si propagano e qualsiasi altra cosa, ricrea un’atmosfera poetica ed attinente in maniera perfetta ed egregia al senso di vastità, libertà e solitudine di cui quest’opera magnifica si avvale. E molti punti in particolare hanno comunque un loro accompagnamento musicale soft, lento e piacevole… quasi rilassante! Proprio come a far sentire il respiro della brezza selvaggia sulla propria pelle. Ciò riesce a dare un senso di immedesimazione senza eguali, ricordando in parte anche un po’ lo stile di quel capolavoro immenso che è ICO, e la scelta di dare così tanto spazio ai suoni riprodotti dall’ambiente e dall’interazione con esso rende la Hyrule di questo nuovo Zelda viva più che mai ed appunto… selvaggia! Ciononostante, è sbagliato pensare che una produzione del genere non abbia comunque temi memorabili e tracce di elevato e pregevole spessore. Infatti, la musica vera e propria comunque non manca; ci saranno talmente tante di quelle peculiarità, piccolezze e tocchi di classe che potremmo scrivere un’altra recensione, solo parlandone. È superficiale pensare che la colonna sonora di Breath of the Wild non sia all’altezza dei predecessori e che sia composta giusto da qualche toccata di piano. Affermare questo, significa non aver aperto le orecchie a dovere; non aver colto nessuno dei tanti particolari geniali che costituiscono questa produzione. In primis, una tra le tante scelte stilistiche è quella della musica di un luogo che si intensifica man mano che ci si avvicina ad esso. La musica non inizia arrivando nel luogo di appartenenza, bensì sarà udibile già da non pochi metri di distanza, e questo invoglia persino il giocatore a capire da dove provenga quella musica, incuriosendolo con classe. Ci sarà persino un personaggio, Kass (Kashiwa in italiano), che suonerà la fisarmonica, ricordandoci anche un pochino Guru Guru, e quando sentiremo il suo strumento a distanza, ci verrà in automatico abbandonare tutto quello che stavamo anche solo pensando di fare per trovarlo e sentire cos’abbia in serbo per noi. Merce rara in un videogame quella di indurre il giocatore, con elementi così semplici ed avvincenti (e ben costruiti), a fare un qualcosa, ad interagire con un personaggio. Oppure, vogliam parlare delle tracce dei colossi sacri che mutano e si intensificano man mano che vengono attivati dei terminali? Insomma, la cura audio e sonora in questa produzione è veramente meravigliosa!
Analizzando poi la musica in sé (ricordiamo, orchestrale, così come in Skyward Sword), sappiate che ci sono lavori di composizione stupendi: omaggi dei grandi classici riarrangiati elegantemente e che per i fan storici sono un tuffo nel passato, graditissimo; medley epocali, di una qualità eccelsa (fatevi un giro al castello di Hyrule); scelte stilistiche e di strumentazione sempre azzeccate! Il piano avrà un ruolo molto importante, ma tutti gli altri strumenti non saranno da meno. La varietà è altissima e si passa davvero a tracce di ogni tipo, tutte adatte ed ispiratissime per le circostanze per cui son state create.
Chiaramente, essendo un open world (o open air, come direbbe il buon Shigeru Miyamoto), risultando dunque enorme ed immenso e perdendosi nell’esplorazione di questa Hyrule mastodontica, può capitare di trovarsi molto tempo in posti dove c’è la padronanza del sound ambientale o della musica soft. Pertanto verrà pensato (in errore) che ci siano pochi temi memorabili, quando invece non è così. Ci sono musiche per ogni circostanza, variazioni delle stesse, genialate incantevoli, scelte stilistiche epiche che rendono la soundtrack ricca e corposa, tutt’altro che vuota o poco immersiva. Ma così come il gioco stesso, pure la soundtrack necessita di molto tempo per essere carpita, assimilata e capita, in modo tale da apprezzarla nella sua interezza e splendore. Certo, magari non raggiunge la soundtrack per eccellenza, ovvero quella di Ocarina of Time, ma il lavoro musicale svolto per Breath of the Wild è deliziosissimo e non ha nulla da invidiare a nessun capitolo della saga.
Tra le novità introdotte da questo nuovo capitolo di The Legend of Zelda vi è la presenza dei filmati (che Aonuma si convinse ad introdurre dopo Hyrule Warriors, essendone soddisfatto) e del doppiaggio; un elemento che da eoni ha sempre fatto storcere il naso ai fan più pignoli e puristi, ma che una volta visto all’opera ha ugualmente convinto tutti. Ma il nostro protagonista, Link, resta privo di parola, per lasciar comunque il tratto caratteristico, tipico del brand. Il doppiaggio italiano, inoltre, merita una menzione d’onore per il lavoro notevole che è stato svolto. Tuttavia, l’impossibilità di poter scegliere il doppiaggio preferito è una mancanza che non si riesce a spiegare. Sarà possibile cambiare il doppiaggio settando un’altra lingua nelle impostazioni generali della console, ma ciò comporterà anche il cambiamento dei testi (e comunque non sarà possibile scegliere la lingua giapponese). Eppure non sarebbe stata una cosa impossibile, ma il motivo di questa mancanza ancora non è ben chiaro.
Le animazioni nei filmati e nelle cutscene sono di una bellezza sorprendente e per quanto possa sembrare un elemento di poco conto, per il genere e per gli open world ha comunque la sua importanza, dato che i soliti GDR non sono così incredibili da questo punto di vista.
Uno dei problemi più pesanti di Breath of the Wild è dovuto ai cali di framerate, in alcuni punti abbastanza frequenti, a volte (per fortuna una patch ha sistemato notevolmente la rogna, seppur ci sia ancor del lavoro da fare). Contro i Grublin, ad esempio, succede quasi sempre che combattendoli avvengano dei leggerissimi freeze, una volta stesi al tappeto (o nel mentre dell’azione). Ci auguriamo che Nintendo riesca col tempo a rendere l’esperienza del gioco ancora più avvincente e meno rognosa. Sebbene man mano si impari a convivere con queste problematiche, le quali passeranno sempre più in secondo piano e quasi non vi daranno più fastidio perché troppo presi dall’avventura, c’è da dire che una stabilità maggiore non guasterebbe di certo. Quindi, confidiamo che Nintendo col tempo perfezioni sempre il gioco, in vista anche dei due corposi DLC previsti per Agosto e Dicembre di quest’anno! Ciononostante, precisiamo comunque che quanto appena ribadito non inficia e mina assolutamente l’esperienza massiva e sensazionale del titolo.
Elemento di minor importanza, ma che comunque va segnalato, è il bestiario poco ricco e leggermente abusato. In un mondo così grande ci si aspetta quantomeno una varietà corposa di mostri e nemici di ogni tipo. Invece, pur non risultando pochissimi alla fin fine quelli presenti nel gioco, troveremo comunque alla lunga un pochino stancante affrontare magari sempre il solito boblin che cambia semplicemente di colore per indicare la sua potenza. Sia chiaro, non è che ci sia solo una tipologia di mostri; semplicemente, la varietà offerta – che comunque non risulta sterile – poteva essere, senza dubbio alcuno, molto più ricca e massiccia. Altro piccolo neo, infine, è la telecamera che alcune volte se ne va un pochino per i fatti suoi.
Il ritorno ai fasti di una grande epoca
Eccoci finalmente giunti a parlare di quello che è il gioco effettivamente! C’è l’imbarazzo della scelta riguardo dove cominciare. Ma partiamo dando un breve sguardo alla trama e alla struttura generale di Breath of the Wild: l’ultima fatica di Nintendo porta una novità che non può passare di certo in secondo piano, ovvero la possibilità di vivere la main quest nel modo più libero possibile. Ogni giocatore potrà vivere l’avventura come meglio crede e questo comporta un solo risultato: su dieci giocatori è molto probabile che ognuno avrà fatto scelte totalmente differenti, ricreando così dieci modi diversi di affrontare ed approcciare tal opera. Sia chiaro, non si tratta delle solite scelte che inducono a cambiare eventi nel gioco e dialoghi vari o rapporti coi personaggi (elemento sicuramente profondo, ma ormai di certo non innovativo), bensì di un qualcosa di più semplice ma allo stesso tempo anche più avvincente ed efficace!
Dopo il risveglio nel Sacrario della Rinascita, ci ritroveremo sull’Altopiano delle Origini (Great Plateau), liberi di girare a zonzo, quasi ovunque, proprio come nel primo The Legend of Zelda, un po’ come nel vecchio stile delle produzioni old school: avvia e gioca! A seguito di un piccolo tutorial iniziale, che ci aiuterà a prendere confidenza con la libertà offerta in questa colossale Hyrule e per ottenere gli strumenti fondamentali che ci serviranno per tutta l’avventura, saremo liberi di seguire gli sviluppi della storia a nostro piacimento (o non seguirli affatto!). Il giovane Link si risveglierà 100 anni dopo una catastrofe, in un’epoca predominata dalla Calamità Ganon che ha costretto gli abitanti a rifugiarsi in piccoli villaggi, a causa di un mondo affranto, distrutto e desolato dal male! Il risveglio avverrà senza un briciolo di memoria e sarà premura e compito del giocatore recuperare tutti i ricordi di quello che è accaduto cent’anni prima e riscoprire il passato e le memorie del protagonista (e noi insieme a lui). Oltre ciò, ci saranno quattro Colossi Sacri da risvegliare, nonché il classico ritrovamento della Master Sword, la leggendaria lama che esorcizza il male.
Tutto però ruota in una struttura completamente aperta e svincolata. Questi principali obiettivi non dovranno essere per forza compiuti linearmente per lo scontro finale fatidico. Al contrario, sarà possibile persino andare dal boss finale dopo qualche minuto di gioco. Infatti, dopo la piccolissima fase tutorial, ci verrà assegnato il compito di sconfiggere Ganon… dopodiché, saremo NOI a decidere QUANDO e COME farlo! Pertanto è anche difficile parlare di un’effettiva durata della main quest, siccome il gioco ci dura tanto quanto vogliamo farlo durare, al di là delle attività secondarie, tutti gli extra ed i segreti vari. Starà a noi recuperare i ricordi o meno; risvegliare e liberare i colossi oppure no; cercare e trovare la Master Sword, oppure lasciarla nel suo piedistallo. Il vero obiettivo del gioco sarà quello di recarsi al castello di Hyrule, lì dove c’è la bella principessa Zelda a tener testa l’arcinemico di sempre, sconfiggere la Calamità Ganon e salvare il regno, estirpandolo dal male. Punto! Ovviamente sarebbe un suicidio cercare di eliminare subito il boss finale (sebbene qualcuno pare ci sia riuscito), quindi ci prepareremo per farlo, diventando sempre più forti e sopravvivendo nella desolante e selvaggia Hyrule. Anche qui, non per forza seguendo gli obiettivi principali del gioco. Potremo anche decidere semplicemente di potenziarci cercando gli svariati Sacrari, dei 120 complessivi per poi recarci al castello per lo scontro finale, una volta che ci sentiremo abbastanza potenti e pronti da affrontare Ganon. Insomma, saremo liberi di VIVERE il gioco nel modo che più ci aggrada e nella libertà più totale. Breath of the Wild potrebbe durare una decina d’ore così come cento. Può essere approfondito in ogni suo dettaglio così come tralasciare tutto e portarlo esclusivamente a termine. Per cui, recuperare o meno la memoria di Link, sarà nostra sola ed unica premura, nessuno ci imporrà nel gioco di doverlo fare per forza.
Questa struttura ci ricorda vagamente un altro capolavoro, ossia Chrono Trigger, il quale ad un certo punto dell’avventura permette al giocatore di raggiungere il boss finale, seppur ancora alle fasi iniziali del gioco. Qualcuno allora potrebbe affermare che quindi in questo Zelda non vi è nulla di nuovo. A conti fatti, forse no. Tuttavia, lo fa in una maniera molto più approfondita e completa di Chrono Trigger, in un modo ancor più originale. Nel capolavoro Square vi è sì la possibilità ad un certo punto di poter affrontare il boss finale a proprio piacimento, ma comunque il proseguimento della storia ha la sua linearità ed è seguendola che si diventa abbastanza forti da affrontare il nemico di turno (tant’è che la possibilità di sconfiggere Lavos poco dopo le fasi iniziali è più un qualcosa relegato al New Game + alla fin fine). Zelda invece spezza tutti i canoni classici del proseguimento di un’avventura e dona la più totale libertà d’azione, mai vista in un open world e in generale in un videogioco.
Questo espediente ludico-narrativo però comporta sicuramente qualche piccolissimo contro: la presenza dell’antagonista principale non sarà così viva nel personaggio, ma nel mondo di gioco. Non sentirete la pressione di Ganon in un momento magari cruciale del gioco, bensì nella corruzione e desolazione di Hyrule, quando troverete strutture in rovina, città distrutte e quant’altro. Anche la figura del personaggio di Zelda sarà perlopiù legata ai ricordi, poiché nel gioco la gentil donzella è al castello a tener testa il nemico. Per ottenere quindi questa totale libertà, son dovuti esser sacrificati degli elementi cruciali della narrativa, ma ciò non comporta un difetto, poiché l’opera è volutamente così. Può risultare semplicemente non adatto a tutti, perché se si vuol approfondire totalmente Breath of the Wild bisogna non solo trovare ogni singolo ricordo e compiere tutti gli obiettivi principali, ma anche esplorare ogni anfratto della selvaggia Hyrule, dato che anche nella lore del gioco potremo ritrovare tanti elementi interessanti che ci porteranno a capire e mettere a posto determinati tasselli. Per questo motivo credo che il maestro, Shigeru Miyamoto, abbia voluto conferire al nuovo e mastodontico Zelda la definizione di Open Air, non tanto per la libertà offerta dal mondo di gioco, quanto per l’emancipazione totale dello stesso.
Quanto appena descritto sarebbe così bello se il gameplay non fosse all’altezza? Probabilmente, no! In ogni caso, ciò non è una preoccupazione, siccome Breath of the Wild è tanto avvincente sulla carta quanto sul campo. Questo titolo ci fa vivere proprio sulla nostra pelle il senso di desolazione della nuova e selvaggia Hyrule. Come dicevamo poc’anzi, ci ritroveremo in un mondo senza troppe guide, troppi schemi da seguire. Prenderemo il controllo di Link e faremo quel che ci pare fin da subito. Inizieremo a muovere i nostri primi passi senza armi ed equipaggiamento, dovendolo recuperare sul posto. Come farlo se non recandoci in qualche accampamento nemico? Tuttavia, senz’armi anche i più temerari del brand potranno far ben poco. Quindi, saremo magari costretti, all’inizio, ad usare un ramo del GAZ per uccidere qualche mostro (in maniera stealth o meno) e recuperare la sua di arma, sicuramente più forte, e farci così man mano strada, costruendoci un piccolo e proprio arsenale per sopravvivere in un mondo che non ha pietà alcuna per il videogiocatore. Tuttavia, di notte potreste trovare i mostri presi a schiacciare il dovuto pisolino e rubare in silenzio il loro armamentario; senza contare che ogni location è comunque piena di forzieri da scovare ovunque con spade, scudi, archi, frecce e quant’altro. E mai come in questo capitolo, gli scrigni contenenti tipo 5 frecce bomba, saranno tanto desiderati e ricercati. Ogni arma ha inoltre uno stato d’usura e pertanto a seconda della resistenza, dopo un po’ si romperà. Questa meccanica da un lato potrà sembrare limitante e frustrante, ma in realtà sposa perfettamente lo stile di sopravvivenza voluto e cercato nel gioco. Breath of the Wild non lascerà mai il giocatore al sicuro, dovrà sempre temere per la propria vita e le armi che si rompono sono un’espediente notevole e fondamentale per garantire quest’aspetto.
Man mano poi verrà presa confidenza con l’ambiente e ciò che ci circonda, saremo più forti ed avremo un arsenale potente e corposo per affrontare più o meno chiunque (sempre con la dovuta attenzione). Ma le primissime ore nel selvaggio mondo di Zelda: Breath of the Wild sono un qualcosa di inspiegabile con delle semplici parole, perché si tratta di momenti poetici e che raggiungono lo stato dell’arte, di rarissima qualità e bellezza. Come quando ci si imbatte ai guardiani la prima volta e l’ansia nel ritrovarseli davanti (con quella musica poi…) è qualcosa di favoloso, ma tremendamente angosciante! Questo non vuol dire assolutamente che dopo il gioco possa sfiorire in un qualche modo, tutt’altro. Semplicemente, però, che i primi momenti in assoluto sono da brividi e fanno accapponare la pelle. L’impatto iniziale è superbo e sopraffino; delizioso! Girovagando qua e là oltre ai nemici da sconfiggere e ai vari equipaggiamenti da ritrovare, vi saranno anche frutta e ortaggi da raccogliere, nonché animali da cacciare, perché per sopravvivere dovremo sempre mettere qualcosa sotto i denti, mangiando quel che troviamo, a crudo, oppure cucinando. Proprio questa meccanica di gioco risulterà di una semplicità disarmante, ma di un’utilità immensa. Dopotutto, in un videogioco si può sopravvivere, divertendosi. La cucina risulterà fondamentale, poiché non vi saranno i soliti cuori rilasciati dai mostri sconfitti o tagliuzzando l’erba. Solo mangiando sarà possibile recuperare le proprie forze e se all’inizio, con tre cuori, mangiare qualche mela potrebbe comunque bastare per rimettersi in sesto, più in avanti, quando i cuori saranno molti di più, sarà necessario preparare qualche piatto per recuperare un numero di cuori molto più alto. Ogni cosa che verrà preparata, a seconda della ricetta e dei prodotti utilizzati, incrementerà l’energia vitale, da pochi a tantissimi cuori. Come se non bastasse, inoltre, ci saranno anche delle ricette speciali che incrementeranno la vita con dei cuori extra, vi renderanno più forti o resistenti, oppure doneranno la possibilità di resistere al freddo o al caldo. Ad affiancare ciò vi sarà anche la possibilità di cucinare insetti e parti di mostro per creare delle pozioni, le quali potranno appunto donare i vari benefici extra, tra i quali anche maggior velocità di movimento. Quindi sì, vi saranno anche insetti da catturare e sconfiggere i mostri risulterà utile anche per recuperare le loro parti oltre che per l’equipaggiamento. Materiali vari e parti di mostro tra l’altro torneranno pure utili per potenziare il vestiario. Ciò però sarà possibile solo tramite le fate radiose presenti nel gioco e nascoste molto bene per Hyrule. Parlando appunto di vestiti, sappiate che in questo capitolo di Zelda non vi sarà la classica tunica verde (o meglio c’è pure, ma vedrete voi stessi), bensì vari capi d’abbigliamento, utili tutti a loro modo o per la semplice e maggior difesa o per ottenere benefici permanenti che con ricette e pozioni sono momentanei. Insomma, veramente ogni elemento di gioco è costruito in modo sapiente ed il tutto ruota alla perfezione nel contesto complessivo dell’opera.
Analizzando invece del combat system, ritroviamo un netto cambiamento rispetto al passato. Proprio perché non sarà relegato all’utilizzo di un’unica arma che ritroveremo tutto puramente nuovo per il brand, ed infatti il nostro eroe potrà contare su spade ad una mano, a due mani, clave, asce, boomerang, martelli e così via, ed ogni tipologia di queste avrà un proprio tipo di attacco. Immancabile sarà il sistema di puntamento, nato proprio con Ocarina of Time, ma in questo capitolo non sarà possibile direzionare i colpi e ciò, a conti fatti, lascia un pochino l’amaro in bocca, anche perché negli altri episodi bastava spostare la levetta analogica per effettuare attacchi in orizzontale, verticale e in diagonale, nonché affondi. Tuttavia, però, la varietà offerta dalla folta schiera di armi dona ugualmente spessore al sistema di combattimento, il quale viene arricchito da contrattacchi con scudo e schivata. Il primo, possibile utilizzando il tasto A mentre si tien premuto ZL, in modo tale da effettuare una sorta di parata a impatto che farà perdere equilibrio al nemico. L’altro, invece, schivando col giusto tempismo, e ciò rallenterà il tempo e permetterà a Link di attaccare con costanza l’avversario. Infine, vi saranno comunque nemici particolari che avranno vari sistemi e modi di essere affrontati e anche se il combat system risulta pressoché semplice, offrirà comunque tante possibilità e approcci differenti. Tra l’altro potrete pure agire stealth e colpire alle spalle ed in silenzio il nemico. Infine, ci saranno così tante armi e tanti elementi con cui poter interagire, nonché diversi tipi di frecce, che gli approcci risulteranno comunque vari, unici e di spessore. Questo anche grazie ai mostri che spesso e volentieri sapranno mettervi in difficoltà ed impegnarvi a dovere.
Sparsi per la mappa vi saranno anche boss particolari (da affrontare in un certo modo, ma comunque con diversi approcci possibili) e Lynel… quest’ultimi nelle fasi iniziali del gioco non saranno ospiti desiderati (ma anche a tante ore varrà la cosa). Stesso dicasi per i guardiani che, in qualsiasi loro forma, vi metteranno in serissima difficoltà e prima di ottenere le frecce ancestrali saranno una brutta gatta da pelare.
L’esplorazione sarà ovviamente il motore portante di questo titolo, e una volta ottenuta la paravela (lo strumento che ci permette di planare, visto nei trailer e nei millemila gameplay) potremo lanciarci da qualsiasi altezza senza pericolo, cercando magari di raggiungere un’altra vetta lontana o semplicemente per scendere da una montagna. Sarà possibile anche arrampicarsi ovunque, scalando così qualsiasi cosa. Occhio, però… non potrete di certo farlo all’infinito! Vi sarà la barra del vigore che determinerà la fatica di Link, la sua resistenza. Molte delle azioni del protagonista faranno sì che la barra si svuoti, tipo: scattare, proprio arrampicarsi, planare con la paravela, eseguire attacchi caricati e molto altro, come ad esempio l’attacco in salto (in slow motion) con l’arco.
La mappa di Breath of the Wild è davvero immensa e per sbloccarla man mano sulla nostra tavoletta Sheikah (lo strumento che Link otterrà fin da subito, durante il suo risveglio) sarà necessario scovare ed attivare delle rispettive torri, ubicate in diverse zone di Hyrule. Ogni torre è relegata ad una location in particolare ed attivandole ne sbloccheranno la planimetria rispettiva sulla mappa. Le torri fungeranno anche come punti di teletrasporto per i fast travel (spostamenti rapidi), in modo tale da raggiungere i vari luoghi già sbloccati ed esplorati, più velocemente. Il viaggio di Link però non sarà così semplice, poiché ci saranno anche le condizioni climatiche ed ambientali a porsi come ostacolo, oltre ai mostri.
Dopotutto, la sopravvivenza è il fulcro dell’intera produzione. Il caldo, la pioggia, il freddo, i fulmini, la nebbia… saranno tutti elementi con cui dovremo imparare a convivere. A seconda delle condizioni climatiche, il giocatore sarà costretto a trovare nuovi percorsi od ulteriori modi per proseguire (altrimenti fermarsi o tornare indietro). Ad esempio, se piove non potrete arrampicarvi così facilmente poiché Link scivolerà in continuazione, pertanto bisognerà trovare un percorso alternativo per raggiungere il punto di interesse, oppure rifugiarsi da qualche parte ed attendere o che la pioggia cessi o ancor meglio accendere un fuoco con della legna e bivaccare. Chiaramente, il fuoco si spegne a contatto con l’acqua, quindi il giocatore sarà portato a trovare un rifugio, un riparo dalla pioggia, per dormire in tranquillità e risvegliarsi col clima sereno e riprendere le proprie attività. La situazione diventa inoltre più complicata se oltre alla pioggia dovremo far fronte ai fulmini, siccome armamentari ed armature di metallo li attireranno sul giocatore e soprattutto nelle fasi iniziali del gioco un semplice fulmine può essere fatale e significare Game Over. Per tal motivo bisognerà cercare di munirsi anche di armi di legno e simili (che non attirino le scariche elettriche), perché avendo solo un equipaggiamento tutto in metallo, comporterà poi seri problemi durante gli scontri col nemico (però potreste sfruttare anche a proprio vantaggio, il pericolo). Ritrovarsi invece in zone molto calde o fredde, senza l’abbigliamento adeguato o le pozioni/ricette utili per resistere qualche minuto, porterà alla diminuzione dell’energia vitale, neanche troppo lentamente. Tuttavia, anche qui, potranno esserci dei sistemi particolari per far fronte al problema… Tutto sta alla fantasia del giocatore! L’interazione con tutto quello che ci circonda risulta inoltre eccezionale, grazie alle tante possibilità offerte dalla fisica del gioco. Saranno così tante le varianti e gli approcci che anche dopo un centinaio di ore sarà probabile che possiate riuscire a scoprire un nuovo metodo di affrontare una situazione.
Sarà possibile girovagare anche a cavallo, ma questa volta non vi sarà la fida compagna di sempre, Epona, così come non ci sarà un destriero unico su cui far affidamento. Questa volta, proprio per sottolineare fino in fondo il concept del titolo, i cavalli dovranno essere trovati in giro per Hyrule e catturati. Fatto questo, non sarà finita, siccome bisognerà anche riuscire a domare il destriero e per non perderlo, registrarlo ad uno dei tanti stallaggi, ubicati un po’ ovunque nel gioco, in modo tale da dargli un nome e cambiargli anche la pettinatura, le briglie e la sella, una volta portata al massimo l’affinità col cavallo. Essa incrementerà proprio accarezzando l’animale spesso e volentieri e dandogli da mangiare.
Parlando invece del contenuto offerto dal gioco e del suo aspetto più “Zeldiano”, è noto già da quanto descritto che vi sono una marea di cambiamenti rispetto al passato. Nintendo ha fatto tesoro degli aspetti e delle meccaniche offerte dal settore, evolvendole ed introducendone ulteriori, per rendere originale ed unica l’esperienza, settando nuovi standard nel gaming. Con questo titolo, la saga si evolve e muta molti concetti introdotti col passare degli anni, ma allo stesso tempo ritorna alla formula originale con la quale Miyamoto aveva concepito il primo capitolo. Per cui, è quasi inconcepibile lamentare che pecchi di classicismo, quando a conti fatti è il più classico di sempre! Il tutto è inoltre racchiuso in una nuova essenza. Potranno mancare i dungeon classici, ma bisogna riconoscere il coraggio di osare e sperimentare, ed i colossi, per quanto magari anche un po’ brevi nel complesso, sono stati un esperimento riuscitissimo e coerente con ciò che voleva donare Breath of the Wild. Sono veri e propri gioielli di game design e regalano un’interazione con gli stessi assolutamente eccezionale. Unico neo magari è che il metodo di risoluzione sia a conti fatti sempre il seguente: trovare ed attivare i cinque terminali. Però bisogna anche considerare la coerenza accennata poc’anzi. I colossi sono macchine, non templi o castelli e per tal motivo necessitano di una certa omogeneità, per avere una certa logicità. La risoluzione infine risulta la medesima, ma il metodo in cui verranno affrontati e l’interazione saranno diversi ed originalissimi. Ognuno offrirà un’esperienza fresca e galvanizzante. Ma il paragone con i classici dungeon non regge, poiché questi non sono la stessa cosa. Più simile a ciò che il fan di Zelda è abituato sarà il castello di Hyrule, ma anch’esso sarà comunque un qualcosa di puramente nuovo, unico e… mastodontico! Tra l’altro è un discorso complesso, poiché chi affronterà uno Zelda per la prima volta non troverà lamentele da muovere su questo. Per tal motivo è proprio sterile lamentarsi, quando ci troviamo inoltre davanti ad un prodotto così coraggioso e fresco, che porta così tante novità.
Ad arricchire la componente puzzle solving di Breath of the Wild saranno i 120 sacrari sparsi per tutta Hyrule, alcuni davvero ben nascosti e difficili da scovare. Sono a conti fatti dei mini dungeon ed ognuno offre svariati enigmi, rompicapo e cose da fare oppure delle prove di forza. Per la struttura open world di questo titolo, sono la scelta più saggia ed avvincente, anche perché ha permesso di sviluppare e sfruttare tutte le idee in maniera efficace, dato che in soli una decina di dungeon non sarebbe stato possibile implementare coerentemente tutte le belle trovate introdotte nei sacrari. Infatti, alcuni di essi sono dei veri e propri piccoli capolavori. Ci sarà veramente da divertirsi con le molteplici idee che Nintendo ha tirato in ballo per la loro realizzazione. Come se non bastasse, molti di questi saranno legati a delle vere e proprie subquest o indovinelli per sbloccarli. Infatti la maggior parte di queste prove sbloccherà un sacrario al cui interno non vi sarà un enigma, ma una semplice benedizione, ottenendo il rispettivo emblema del trionfo per la prova già superata. Tuttavia, alcune benedizioni risultano forzate dato che molte quest sacrario a conti fatti sono veramente semplici e sarebbe stato più gradito sbloccare una prova effettiva, dopo averle risolte. Molti degli indovinelli e prove per sbloccare dei sacrari, saranno assegnate da Kass, il menestrello dei Rito (una delle razze di Breath of the Wild). Non tutte facilissime ed alcune davvero geniali. Ve ne saranno comunque altre, molte delle quali davvero straordinarie (vedrete giocando). Superando un sacrario, ci verrà offerto un emblema del trionfo (come ribadito prima); totalizzandone quattro, potremo decidere se scambiarli con un portacuore o portavigore. Quindi, in pratica, se qualcuno sentisse la mancanza degli immancabili e caratteristici frammenti di cuore, sappiate che in questo nuovo Zelda scovare e superare il sacrario stesso risulterà come averne trovato uno.
A differenza della maggior parte dei capitoli di Zelda, gli accessori principali verranno ottenuti fin da subito (proprio durante il piccolo tutorial iniziale) e saranno utilizzabili grazie alla tavoletta Sheikah. Essi saranno: due tipi di bomba, che avranno la funzione di far esplodere pareti con crepe e quant’altro (ed anche come armi, dall’alto), oppure per alcuni utilizzi particolari; Glacyor, il quale servirà per sollevare una parete di ghiaccio dall’acqua, utile per utilizzarla come piattaforma (e non solo…); Kalamitron, una sorta di magnete che ci permetterà di alzare e spostare oggetti di metallo, comprese grandi casse ed oggetti vari che Link non riuscirebbe mai ad alzare, oppure per attivare svariati marchingegni; Stasys, un particolare strumento che serve per bloccare il tempo su quasi tutti gli oggetti con cui vogliamo interagire (e dopo un potenziamento, potrà bloccare anche i nemici). A questi si aggiunge lo Scattaimmagini che funge appunto da macchina fotografica, utile per missioni secondarie, completare il Compendio e quant’altro (ma verrà ottenuto in un secondo momento). Ad esso saranno anche contemplati le immagini dei luoghi per recuperare a memoria di Link. Tutti gli strumenti, oltre ad essere utilizzati per risolvere gli svariati puzzle offerti dai sacrari o dai colossi, saranno fondamentali anche per interagire con l’ambiente che ci circonda e solo la fantasia sa quante possibilità offrono questi accessori.
Unica piccola nota è il fatto che, nonostante siano stati mantenuti i sensori di movimento, utili anche per superare dei puzzle in alcuni sacrari in particolare, la versione Wii U, per essere adattata ed “uguale” alla controparte Switch, ha perso tutte le possibili interazioni col secondo schermo. Un vero peccato, anche perché potevano essere mantenute tranquillamente certe caratteristiche che erano state promesse, dopotutto.
Concludendo, oltre a quanto appena riportato, non mancheranno missioni secondarie ed extra vari, tra cui il ritrovamento di ben 900 semi dei Korogu (sì, avete letto bene… novecento!). Questi piccoli e simpatici/antipatici “animaletti” (in realtà vorrei capire bene cosa siano) sono nascosti nei meandri più assurdi di Hyrule e vanno scovati nelle maniere più folli. La cosa davvero avvincente è che non risultano un semplice collezionabile da trovare e raccogliere, perché ognuno di essi ha invece un suo metodo di ritrovamento: alcuni relegati a veri e propri minigiochi, altri nascosti sotto ad un cespuglio o ad un sasso, o scovabili facendo un tuffo in acqua e così via. Sono così tanti i metodi in cui scoverete questi piccoli esseri, che pure dopo averne trovati duecento, potreste scovarne qualcuno che vi sorprenderà. Questo per continuare a sottolineare come tal produzione possa sempre lasciare meravigliati anche dopo centinaia di ore di gioco, poiché è talmente profondo e vasto, talmente pieno zeppo di chicche uniche e stravolgenti ed offre tanti approcci e varianti differenti che riesce sempre a colpire e a non dar mai quel senso di già visto ed affrontato. Un’opera così ricca e variegata, così profonda e massiccia, davvero non si era mai vista e Nintendo ha un merito enorme, ossia di aver realizzato un mondo vivo più che mai, implementando al contempo un gameplay che offre possibilità infinite. Il bello di Breath of the Wild è anche la sua semplicità, un punto forza che non sempre è presente in tutte le produzioni. Un elemento che permette al giocatore di avviare il gioco anche solo per farsi una passeggiata per Hyrule e darsi al puro cazzeggio. Potrà sembrare un fattore da poco, ma in un titolo del genere che non è un free roaming alla GTA, non è facile offrire qualcosa di simile. Anche perché in Breath of the Wild è un cazzeggio più intelligente, che porta il giocatore a fare determinate azioni per provare le molteplici possibilità offerte dal gioco, appunto divertendosi.
Infine, sappiate che ritrovare i semi Korogu avrà un ruolo fondamentale nell’avventura, dato che vi sarà un personaggio in particolare a cui consegnarli che incrementerà le borse di armi, archi e scudi di Link, in modo tale da poter avere un arsenale sempre più vasto e corposo per far fronte ai millemila pericoli e problematiche delle selvagge lande di Hyrule…
Conclusioni
The Legend of Zelda: Breath of the Wild è un Capolavoro! Un titolo eccelso, profondo e sopraffino. Mastodontico nella sua essenza e nelle molteplici offerte di gameplay di cui dispone. Soprattutto, è la svolta definitiva di Nintendo e della sua IP, la quale finalmente non deve far più i conti con Ocarina of Time, poiché questa volta non solo l’opera assoluta di Miyamoto è stata eguagliata, ma anche superata!
Da troppo tempo questa leggenda è stata vittima di un confronto inevitabile con un pilastro sacro, troppo grande per non essere menzionato. Nonostante la qualità comunque presente nelle produzioni, un po’ di smalto il brand lo stava perdendo e si intravedeva una software house leggermente in difficoltà, che pur offrendo titoli di rispetto, non stava riuscendo più a garantire quella qualità assoluta che da anni portavano e garantivano le opere intitolate The Legend of Zelda. Essere Zelda non è così facile come sembra, poiché il brand è spesso soggetto a critiche, anche quando il lavoro l’ha svolto bene, a conti fatti. Ma Zelda non può solo permettersi di svolgere a dovere il proprio compito; no! Zelda deve sempre dare di più! Perché il suo nome è troppo importante per l’industria e, per tale motivo, quasi non gli son concessi passi falsi. E nonostante tutto, vi sarà sempre un confronto col suo memorabile ed intenso passato, con quel capolavoro per Super Famicom che è A Link to the Past; con quel gioiello assoluto ed immensamente poetico che porta il nome di Link’s Awakening, per Game Boy; con IL videogame per eccellenza, Ocarina of Time, uscito nel 1998 per Nintendo 64 e che fu un punto di svolta per la saga e per il gaming in generale. Qualsiasi cosa Zelda facesse, una frase non sarebbe comunque mai venuta a mancare: “Bello, ma non è Ocarina…”
Questa volta, però, la storia si ripete! La storia viene riscritta! Il 2017 verrà ricordato come l’anno in cui il gaming si è evoluto ulteriormente… di nuovo! Soprattutto, verrà ricordato come l’epoca in cui un videogioco, dopo quasi vent’anni, è riuscito non solo a resettare nuovamente degli standard per il videoludo, ma anche per aver scagliato via il fardello che da sempre portava alle spalle. Ed è quasi ironico che per farlo sia stato necessario un ritorno alle origini… un ritorno a quel concept così meraviglioso e semplice, che oggi raggiunge l’apice massimo del suo splendore; la piena maturità della sua essenza. Una formula che ci ricorda come dovrebbe essere un videogioco: poche chiacchiere, pochi tutorial, nessun aiuto; ma soprattutto… avvia la console, gioca e divertiti! Breath of the Wild è anche questo, non solo un ritorno alle origini del brand, ma anche alla vecchia scuola. Vero che i tempi sono cambiati, ma il videogioco deve e dovrà sempre essere questo. Il giocatore non si diverte guardando un film interattivo o venendo accompagnato per la manina sino ai titoli di coda. No! Il giocatore vuole VIDEOGIOCARE! E l’arte vien raggiunta ugualmente, anche con una narrativa più semplice. Perché parliamo pur sempre di videogiochi.
Breath of the Wild è il fiore all’occhiello di Wii U, il suo canto del cigno, ma al contempo anche l’opera di esordio di una console nuova e che ha ancora tanto da offrire. Quel che è sicuro è che dopo Breath of the Wild sarà difficile tornare ad altro; ai “semplici” videogiochi… perché ci ha abituati così bene che difficilmente non verrà spontaneo arrampicarsi ovunque od interagire in questo modo. Se è pur vero che i fan nostalgici possano rimpiangere degli elementi classici che sono stati sacrificati per garantire questa nuova esperienza, al contempo rigiocare ora qualsiasi capitolo di Zelda non sarà lo stesso, perché risulterà difficile tornare al classicismo “perdendo” poi tutto il resto… perché Breath of the Wild ci ha abituati fin troppo bene, piantando nuove basi che saranno il nuovo punto di confronto non solo per Zelda, ma per tutto il panorama videoludico.